MATTHIAS SINDELAR:
IL CAMPIONE CHE NON SI PIEGÒ AI NAZISTI
Eppure, niente predestinava questo ragazzo quasi gracile, nato nel 1903 in Moravia, a diventare l'eroe calcistico e dell'opposizione austriaca al nazismo. Cresciuto in una famiglia povera, Matěj Šindelář, questo il suo nome di battesimo, si trasferisce giovane con i genitori a Vienna nel quartiere popolare e popoloso di Favoriten, che ospita un gran numero di immigrati, in buona parte boemi e moravi. Pieno di spazi aperti, ovunque ci sono giovani che si dedicano liberamente alla loro passione calcistica. All'epoca, a Vienna, questo apprendistato è la strada maestra per chi aspira a una carriera professionistica.
Rimasto orfano di padre nel 1917, ucciso sul fronte italiano durante la prima guerra mondiale, Matthias Sindelar deve cominciare lavorare molto giovane. Ma viene notato da una società calcistica del quartiere, la Hertha Vienna, grazie alla quale può continuare a dedicarsi alla sua vocazione. Il suo talento si afferma rapidamente e nel 1924 la grande squadra della borghesia della capitale, l'Austria Vienna lo recluta. Ci rimarrà per tutta la restante carriera professionistica, fino al 1938.
Con il suo fisico snello e la sua capacità di passare con la palla in spazi ridottissimi viene soprannominato “carta velina”. Matthias Sindelar si afferma anche come maestro nella visione di gioco e per una perizia tecnica che sconfina nel virtuosismo, diventando anche un pioniere nel ruolo che ricopre in campo, poi noto come “centravanti arretrato” o “falso nueve”. Segnerà 600 gol in 700 partite.
In quegli anni, l’Austria Vienna gioca sempre ai massimi livelli, ma trova anche grandi avversari sia in campo nazionale che internazionale. Così i titoli di club che Matthias ottiene in carriera non sono molti: un campionato austriaco nel 1925-26 e due Mitropa Cup, la maggiore competizione di club in campo europeo, nel 1933 e nel 1936. Con la nazionale vince invece la Coppa internazionale del 1931-32. “Carta velina” è una colonna di questa Wunderteam (la squadra delle meraviglie), guidata del boemo-viennese di confessione ebraica, Hugo Meisl che negli anni trenta, con il suo gioco corto, è la squadra più prestigiosa del panorama internazionale, anche se le sfugge l’occasione di vincere il titolo mondiale del 1934.
Hugo Meisl muore di infarto nel 1937 e così gli viene risparmiato lo spettacolo dell'annessione e della nazificazione del paese. Anche il calcio viene colpito. Il Reich obbliga le squadre a cacciare i propri dirigenti ebrei. Il presidente dell'Austria Vienna Michl Schwarz è costretto a dimettersi. "Avete il divieto di salutarlo" avverte un esponente del partito nazista davanti alla squadra riunita. Matthias Sindelar prende la parola: "io, signor presidente, la saluterò sempre.”
Sotto il giogo di Hitler, il campionato viennese diventa solo uno dei diciassette gironi del campionato tedesco. Per di più, il regime è contrario al professionismo sportivo. Ogni calciatore deve cercarsi un lavoro.
Fieramente contrario al nazismo, Sindelar vuole mettere fine alla sua carriera per non scendere a patti. Continua a rispettare e a frequentare gli amici ebrei. E Il suo palcoscenico calcistico finale diventa "l’amichevole" del 3 aprile 1938, fra la nazionale austriaca e quella tedesca, che deve costituire anche l’ultima partita della nazionale austriaca prima della sua scomparsa.
Per l'occasione, in un stadio coperto di bandiere con la svastica, la squadra austriaca è chiamata a giocare senza i suo colori tradizionali. Matthias Sindelar e i suoi compagni rifiutano. I nuovi padroni del paese sono costretti a cedere. Pare ci fosse anche un’altra condizione, che l'esito della partita dovesse essere un pareggio.
Il primo tempo inizia fiaccamente. L'Austria domina il campo, ma stranamente, in prossimità della porta, Sindelar e compagni sbagliano il bersaglio. Nel secondo tempo, finalmente Matthias si ribella. Al 70°, il centravanti segna per poi festeggiare con il pugno chiuso davanti alla tribuna ufficiale. La partita finisce 2-0, contro le disposizioni arrivate dall’alto e nell'entusiasmo del pubblico austriaco.
Malgrado questo affronto, in vista della Coppa del Mondo del 1938, il Reich cerca di integrare i giocatori austriaci nella nazionale tedesca, compreso lo stesso Matthias Sindelar. Benché il suo sogno fosse vincere la coppa del mondo, “il Mozart del calcio" rifiuta di portare i colori della Germania nazista e decide di chiudere sua carriera. A 35 anni si ricicla come proprietario-gestore di un caffè. Ma muore l’anno dopo, il 23 gennaio 1939 insieme alla sua compagna di origine italo-ebrea.
Inizialmente si sospetta che il decesso sia stato dovuto alle esalazioni di una stufetta difettosa. Ma questa ipotesi viene presto scartata. Da allora ad oggi continuano le supposizioni secondo le quali la coppia si sarebbe suicidata, oppure sarebbe stata vittima dei nazisti. Tali supposizioni hanno contribuito a alimentare il mito del campione, adorato dal pubblico, che non si piegò ai nazisti. 20mila persone sotto la pioggia parteciparono ai suoi funerali nel cimitero centrale di Vienna e per decenni, una folla si è radunata ogni 23 gennaio attorno alla tomba di Matthias Sindelar, situata non lontano dei cenotafi di Schubert, Mozart e Brahms.