VICTOR YOUNG PEREZ

VICTOR YOUNG PEREZ,
IL PUGILE DI AUSCHWITZ

 

L’incontro dura solo cinque minuti. Al secondo round, l’americano Frankie Genaro è già al tappeto, ko. Il 26 ottobre 1931, al palazzo dello sport di Parigi, il piccolo pugile nato a Tunisi vent’anni prima diventa il più giovane campione del mondo dei pesi mosca della storia. “La vittoria di Young Perez è stata luminosa e trionfale”, s’entusiasma il giornale Paris-Soir lodando l’incredibile agilità e velocità del ragazzo, che diventa immediatamente una star nella Parigi degli années folles. Nuovo eroe dei cabaret e dei casinò della capitale francese, sempre circondato da eleganti signore, Young Perez non dimentica tuttavia le sue origini. Dopo la sua vittoria, mantiene cosi la promessa di fare un pellegrinaggio alla Ghriba, la più famosa sinagoga di Djerba, in Tunisia, allora sotto Protettorato francese. Perché Messaoud Hai Victor Perez è nato in una famiglia povera del ghetto ebraico di Tunisi. Ancora bambino, assiste ad un pogrom organizzato da ex-soldati francesi e arabi. E’ sul ring, dove vede giovane la possibilità di emanciparsi dalla sua condizione sociale, che guadagna il soprannome di “Young”, disputato con un suo compagno di allenamento. Nel 1926, a soli quindici anni, sbarca a Parigi. Nel giugno 1931, il ragazzo di solo 1,55 metri diventa campione di Francia, ciò che gli apre la strada verso la vittoria nel campionato del mondo contro Genaro.

Quando torna a Tunisi per andare alla sinagoga di Djerba, trova 100.000 persone ad accoglierlo. Il Bey dichiara che la sua vittoria “è un grane onore per la Tunisia. Ebrei e musulmani, siamo tutti figli della stessa terra e siamo fieri di te”.

Sul piano sportivo, gli anni successivi procedono fra alti e bassi. Generoso, spende tutti i suoi soldi con gli amici e la sua musa, l’attrice Mireille Balin, non senza aver prima sistemata la sua famiglia nel quartiere “europeo” di Tunisi. Un anno e cinque giorni dopo aver conquistato il titolo di campione del mondo, lo perde per KO di fronte all’inglese Jackie Brown. Vince ancora alcuni incontri ma prende peso e deve passare nella categoria pesi gallo. Il 6 novembre 1934, davanti al suo pubblico di Tunisi, Young Perez affronta Panama Al Brown, il miglior pugile del momento, che collabora anche alla “Revue Nègre” di Joséphine Baker. Al decimo round, Perez incassa un poderoso sinistro al fegato. E’ finito. E’ l’ultimo incontro della sua vera carriera. Decide di abbandonare il pugilato. Ma come in un film noir, brucia velocemente i suoi ultimi risparmi. Lasciato da Mireille Balin che comincia a recitare con Jean Gabin e rovinato, Young Perez si vede costretto a risalire sul ring per sopravvivere. Tra gli incontri che accetta per soldi, si ritrova a Berlino il 9 novembre 1938, durante la Notte di Cristalli, per affrontare l’austriaco Ernst Weiss. Perde mentre il pubblico gli lancia oggetti, gli sputa addosso e gli urla insulti antisemiti. Riparte il giorno dopo per Parigi. Ci rimane anche dopo l’arrivo dei nazisti nella primavera del 1940, convinto che la sua notorietà lo proteggerà. E poi, non vuole tornare a Tunisi da sconfitto. Rifiuta di portare la stella gialla, combatte ancora due volte a Biarritz nel 1941. Due sconfitte. La fuga verso la sua città natale avrebbe forse potuto salvarlo ma nel settembre 1943, viene arrestato a Parigi dalla milizia francese e deportato pochi giorni dopo, nel convoglio 60, a Monowitz-Buna. Questo sottocampo di Auschwitz è sotto il comando dell’SS Heinrich Schwarz che è appassionato di pugilato e organizza incontri tra prigionieri, talvolta, sembra, anche con dei soldati. Gli ufficiali nazisti scommettono su questi combattimenti di gladiatori dove i vincitori hanno diritto a un po’ di carne e di zuppa, mentre i vinti sono destinati alla morte. A Auschwitz, Young Perez avrebbe disputato 140 incontri per 139 vittorie per KO e un nullo contro un custode militare del campo, pugile peso massimo. Nella memoria dei sopravvissuti, Victor Young Perez rimarrà come il deportato ebreo che batte i nazi e vendica tutti con i suoi pugni.

Young Perez riesce a sopravvivere per un anno e mezzo. Quando nel gennaio 1945, il campo viene evacuato dai nazisti in fuga dall’armata rossa, fa parte dei pochi sopravvissuti del convoglio 60 (in tutto 31, su 1000 deportati). Ma il 22 gennaio, durante questa “marcia della morte”, (troppo debole per proseguire il cammino o per aver cercato di sfuggire?) viene abbattuto a colpi di mitragliatore da un SS che aveva affrontato sul ring del campo. Muore a soli 34 anni, vittima dell’odio razziale, il campione con 138 incontri ufficiali, di cui 92 vittorie (29 per ko) che dopo aver abbandonato i guantoni, dovette combattere fino la fine, nell’inferno dei campi.

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